Venosa: Area archeologica e Museo Nazionale

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Dai parchi preistorici Loreto e Notarchirico, comincia un percorso lungo seicentomila anni. Venosa, la città che deve il suo nome alla dea Venere, è la colonia latina di origini antichissime che segna una tappa fondamentale nella storia della Basilicata.

Dal Paleolitico ad oggi, testimonianze incise nei fossili di bisonti, elefanti, daini, ma anche di piante oggi estinte, parlano di luoghi un tempo caratterizzati da laghi, foreste dove l’Homo Erectus di trecentomila anni fa viveva, cacciava, conciava le pelli e preparava il formaggio. I suoi utensili principali erano pietre acuminate, a forma di amigdale, lance, tazze, giavellotti, colini e imbuti. Li usavano gli uomini e anche le donne, di cui è stato peraltro trovato un femore, il più antico dell’Italia meridionale, oggi esposto al Museo Archeologico.
Ma la fortuna di questi luoghi, a Nord della Basilicata, la fece la via Appia, la via consolare più famosa, quella che collegava Roma a Brindisi, la più importante porta verso l’Oriente, verso la colta Atene.

Venusia fu fondata nel 291 a.C., lambita dalla “regina viarum”, come veniva chiamata l’Appia, e in breve popolata nei suoi 40 ettari di estensione, da quella che oggi è l’area dell’Abbazia della SS Trinità fino al castello di Pirro del Balzo, nel cui cortile è stato ritrovato il castellum acquae, con cui si garantiva l’approvvigionamento idrico all’intera colonia.

L’Antica Venusia è in parte visibile oggi percorrendo l’area archeologica addossata al complesso monumentale dell’Incompiuta e dell’Abbazia della Trinità, che con i suoi tre strati costruttivi tesse le tracce di una storia che inizia nel V secolo d.C. e arriva al Medioevo, quando accolse il corpo di Roberto il Guiscardo, fondatore del regno Normanno. Qui si trovava un complesso termale, con i praefurnia in cui veniva bruciata la legna che emanava aria calda verso le vasche del calidarium.
Nell’Anfiteatro, oggi separato dalla città antica dalla strada provinciale, si svolgevano giochi e spettacoli con gladiatori e animali; l’edificio risale al I secolo d.C. ed è suddiviso in tre settori, detti cavee: la ima (la più bassa) la media e la summa.

Lungo la via Appia è visibile un monumento funerario che dovrebbe essere la tomba del console Claudio Marcello, morto nel 208 d.C. tra Venosa e Banzi (Bantia romana) durante la II guerra punica.